Il Coro ai tempi del coronavirus

Il 6 gennaio 2019 un concerto  che ha segnato la fine del periodo natalizio, nella chiesa parrocchiale di Novaglie insieme ad altri due cori, ci aveva proiettato in un anno in cui riversavamo diverse aspettative. Il coro volava sulle ali dell’entusiasmo alimentato dal fresco ricordo della celebrazione dei 60 anni di Signore delle Cime in cui Bepi De Marzi ci aveva fatto l’onore di presenziare e presentare le sue canzoni. L’arrivo della situazione di contagio ci ha condizionato in modo progressivo, il pericolo non ci era parso evidente da subito, ma la consapevolezza si è fatta strada e ci ha costretti a fermare la nostra attività.
La situazione di crisi può evidentemente portare allo scoramento, alla fatica , ma può allo stesso tempo diventare occasione per ripensare, per fermarsi a riflettere sul senso stesso del nostro stare insieme a cantare, sugli obbiettivi e sulla prospettiva che ci auguriamo per il nostro coro.
E così, con un grande sforzo, soprattutto da parte del nostro maestro Matteo Bogoni, abbiamo cominciato a percorrere strade alternative e sperimentare diversi metodi di apprendimento sfruttando i moderni mezzi di comunicazione. L’incontro settimanale è diventato un appuntamento quasi quotidiano in videoconferenza, dove ognuno ha potuto, da casa con il proprio pc, tablet o telefono, collegarsi e partecipare attivamente alle “lezioni”.

Una sensazione molto diversa, quasi agli antipodi rispetto al canto corale. Ci si trova soli, con la propria voce, con i propri errori e incertezze a cantare in una stanza distanti chilometri dai compagni; un’esperienza veramente complessa e provante, ma allo stesso tempo stimolante, che aiuta ad ascoltarsi, che costringe a studiare ed impegnarsi ancor di più per superare le proprie difficoltà. Anche coloro che non avevano grande dimestichezza con il mezzo multimediale, con ammirevole forza di volontà, sono riusciti a gettare il cuore oltre l’ostacolo e collegarsi e interagire con strumenti che prima di allora guardavano con diffidenza.
Abbiamo ripreso in mano canti che ormai erano tradotti a memoria da moltissimo tempo, riscoperti e studiati in modo più approfondito e più analitico. Ma il canto corale ha bisogno, oltre che di tecnica, anche di calore, partecipazione, unità, che solo il cantare insieme davanti al pubblico ci può dare. Perciò è stato importante quest’estate, in un momento di tregua del virus, tornare a esibirci a Velo, a Marano di Valpolicella e a San Giovanni Lupatoto, e riscoprire, emozionati come fosse la prima volta nonostante le difficoltà derivanti dal distanziamento, il piacere, il gusto della coralità, delle voci che diventano accordo della melodia e del controcanto.


Purtroppo siamo lontani dal dirci fuori dall’incubo del coronavirus e difficilmente nei prossimi mesi ci sarà la possibilità di riprendere a scandire quei momenti, quegli appuntamenti che erano diventati tradizionali.  Ecco che un coro, che ha la volontà di proseguire la sua tradizione e che vuole rinnovarsi e raggiungere un livello sempre migliore, deve ripensarsi, affrontare le sfide che un’attività culturale deve porsi, cioè come raggiungere un pubblico che non sia sempre il solito, autoreferenziale; come stimolare una ricerca storica che possa spiegare alle persone che ci seguono cos’è il canto alpino, da dove nasce, su che tradizione è fondato; come non disperdere un’eredità di testimonianze di persone che hanno costruito la nostra storia, di voci che non ci sono più ma che parlano attraverso la nostra voce, in un momento come questo dove sembra che molti si dimentichino degli orrori del passato. Ma anche portare avanti le nuove frontiere del canto, di autori giovani che si approcciano a questa particolare tipologia di espressione musicale ampliando e rinnovando il repertorio con nuove canzoni.
Diversi sono gli elementi che caratterizzano la qualità di un coro: certamente l’aspetto tecnico; la perfetta assimilazione delle partiture, l’intonazione e la fusione sono alla base; fondamentale anche la consapevolezza e la padronanza che ognuno deve avere del proprio strumento musicale, la voce. Lavorare quindi sul respiro, sul fiato, sul diaframma, sul controllo dell’emissione per il massimo risultato d’assieme, ma poi, determinanti sono l’immedesimazione nella storia che si va raccontando e la capacità di trasmetterne il valore, il significato, le emozioni di un canto che viene dal passato e i sentimenti che hanno ispirato l’autore alla creazione di una melodia nuova per un coro a quattro voci maschili. 

 

Federico Castellani